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giovedì 6 ottobre 2016

L'architettura iniziatica del tempio egiziano

"Nel regno delle Ombre, coloro i quali si sono avvicinati al mistero delle iniziazioni e coloro i quali lo hanno ignorato non avranno lo stesso destino."

Giamblico

Per entrare in contatto con l'energia divina, fin dall'alba dei tempi l'uomo ha sentito il bisogno di creare uno spazio sacro. Esso, tuttavia, non fu subito materializzato sotto forma di edificio. In Egitto, da principio esso veniva scelto in base ad alcune caratteristiche secondo cui l'energia divina veniva attratta sulla terra; poteva essere un luogo in cui era caduto un fulmine o in cui aveva messo radici un albero maestoso. Una volta scelto il posto, esso veniva delimitato da un rettangolo immaginario, i cui quattro angoli erano contrassegnati da bandierine. Essi rappresentavano i quattro elementi e, dunque, lo spazio sacro così creato diveniva il centro dell'universo in cui convergevano le energie delle quattro direzioni. Qui l'uomo poteva entrare in armonia con i misteriosi ritmi del cosmo visibile e invisibile.

Il tempio Egizio non è mai un luogo in cui i fedeli si riuniscono per pregare. Nel tempio possono entrare solo i sacerdoti, e non tutti, ma solo quelli che hanno raggiunto un certo grado nella gerarchia.
Il tempio era un luogo iniziatico, da percorrere ed esplorare con lentezza. I sacerdoti erano ammessi a penetrare più avanti nel santuario in funzione del loro grado di avanzamento.
Il nome geroglifico del tempio è per-neter, letteralmente la casa del Dio. Neter è l'energia divina in azione, un'energia che bisogna attirare, trattenere, fare propria. Il tempio faraonico, dunque, è la cittadella in cui si elabora l'alchimia del divino, una centrale energetica dove convergono in permanenza le forze dell'universo. E' il punto d'incontro tra cielo e terra che permette all'uomo di entrare in contatto con la particella di divino nascosta dentro di lui.
L'intera architettura del tempio è al servizio di questa realtà: captare il divino e portarlo a fondersi con gli esseri e le cose. Inoltre, il tempio egizio ospitava le iniziazioni.
Il processo iniziatico incoraggia a superare i propri limiti, a ritrovare il proprio centro e a partecipare pienamente, attivamente, alla bellezza e allo splendore della civiltà alla quale sia appartiene.
L'iniziazione è l'atto di essere ammessi ai Misteri, di essere indirizzati sulla via che porta alla Conoscenza. Il neofita, come il neonato, riceve la luce indispensabile a un'evoluzione che non gli viene mai imposta, ma solo suggerita.
Il rituale iniziatico all'interno del tempio capta l'energia divina per farla scendere verso l'umanità che in tal modo si trova proiettata nella dimensione sacra. Il rito sradica l'uomo dal suo misero mondo, dagli obblighi, dalla storia profana, per permettergli di fondersi con le sue forze intrinseche, che sono anche quelle dell'universo. Il rituale iniziatico è un atto di fratellanza per mezzo del quale il nuovo iniziato comunica intensamente con i fratelli che lo hanno preceduto sul sentiero.
Il processo iniziatico è caratterizzato da una totale libertà, perché qualunque imposizione esterna rischia di vanificarlo. Ogni processo presuppone un cammino. L'iniziazione è una via piena di insidie: le zone oscure del dubbio, gli enigmi della sfinge e il difficile duello contro il drago, il male. Il processo iniziatico è un sogno a occhi aperti, cosciente, la ricerca di un Altrove, di se stesso oltre lo spazio e il tempo. Bisogna immergersi nel Nun (le acque primordiali) per ritrovarvi le membra sparse di un Osiride che porta il nostra nome (per leggere il mito di Osiride, clicca qui).
Per l'iniziazione non esiste una "ricetta" adatta a tutti, ogni neofita deve trovare la propria, basandosi su un'esperienza non comunicabile, impossibile da trasmettere. Il rituale iniziatico non rivela il Mistero, crea semplicemente le condizioni adatte alla sua sperimentazione.


Se si visita un tempio faraonico tenendo presente la sua missione iniziatica, l'architettura dell'edificio viene vista sotto una luce completamente nuova.
Il lungo percorso all'interno del tempio non ha altro obiettivo che porre l'uomo di fronte alla divinità, ossia di fronte a se stesso. A mano a mano che si avanza nel santuario, dalla prima porta tra i piloni fino al naos (la cella), i soffitti scendono digradando mentre i pavimenti salgono impercettibilmente. Non è facile accorgersene a occhio nudo. Il soffitto riproduce simbolicamente la volta celeste e il suolo il radicamento nella terra, la materialità. Più ci si avvicina al santo dei santi, più il cielo e la terra tendono ad avvicinarsi, a fondersi. Procedendo nel tempio durante il rito iniziatico, l'adepto si sforza anche di celebrare le sue nozze mistiche con il dio racchiuso nel naos del suo cuore. Egli si slancia verso il divino e il cielo viene a lui: egli E', a un grado maggiore.
Il nome geroglifico del naos è aat: la Terra consacrata, l'Isola santa. Esso è un'entità completa, il tempio vero e proprio. E' il luogo della coesione, la fonte, la pulsazione, il centro esatto del cerchio. All'interno, sempre immerso nella penombra, è eretto il tabernacolo di pietra. Dietro le sue porte, su un piedistallo la cui forma evoca la prima lettera del nome di Maat (la Giustizia), si trova la piccola statua cultuale, l'immagine viva del dio. 
Il secondo elemento essenziale è la sottile funzione dell'illuminazione: il portico è inondato di luce; nella sala ipostila [figura in basso, 4 e 5], una sapiente alchimia orchestra i giochi d'ombra e di luce; nel pronaos, la penombra è sovrana; quanto al naos, è immerso nelle tenebre del Mistero. Impercettibilmente, l'adepto è passato da Ra, dio del Sole, a Osiride, dio dell'Oltretomba. Ora non gli resta che aprire le porte del tabernacolo e contemplare la Maestà di Horus. Quando lo farà, le mura del tempio potranno crollare, perché egli sarà divenuto il Tempio.

Il percorso iniziatico nel tempio
Il futuro adepto del tempio viene condotto davanti all'edificio nel giorno della sua iniziazione. Avvicinandosi al tempio, egli abbandona poco a poco il suo corpo, eliminando tutto ciò che in lui è ancora inerte, limitato, profano. Egli uccide simbolicamente il Vecchio uomo per intraprendere la via di Horus.
Essere iniziato, significa anche trovare il re nascosto dentro di sé. Tutto l'essere partecipa a questa iniziazione che esige un'estrema concentrazione e la conoscenza dei neter (dèi) per aprire tutte le porte. Al termine di questo percorso, la trasformazione dell'adepto sarà effettiva. Egli sarà rinato e riceverà un nuovo nome in armonia con l'uomo rigenerato che sarà divenuto.
Davanti ai piloni del tempio, l'adepto si trova davanti a un primo ostacolo inevitabile: il Guardiano della soglia, Sekhmet. E' il concentrato delle nostre paure, dei dubbi, delle imperfezioni, delle esitazioni. In questo istante può accadere qualsiasi cosa. La risorsa è una sola: vincere la propria paura e mettere la forza di Sekhmet al servizio della propria avanzata nel tempio.
A questo punto l'adepto entra nell'ombra dei due piloni [1], il velo nero di Iside e di Nefti. Restare all'ombra del dio significa essere sotto la sua protezione. Il terrore di fronte al Guardiano della soglia si è tramutato in fiducia. L'adepto è tornato padrone di se stesso e il cuore si è rimesso a battere al ritmo di Maat.
Oltrepassando il doppio pilone, il candidato è entrato nel regno dell'energia vitale che deve restare in contatto con la luce, egli ha levato istintivamente le braccia al cielo. Attraversando il cortile [2], l'adepto chiede di poter contemplare volontariamente, in piena lucidità, il grande Mistero della vita e della morte.
Entrando nella sala ipostila [4-5], l'adepto entra nel cuore del tempio e qui deve superare se stesso.
Alleggeritosi a poco a poco della sua materialità, l'adepto sfiora così il pavimento del pronaos [6] .Avvicinandosi al divino, egli è più lieve, libero dalle leggi della pesantezza. Si è ricongiunto con la sua essenza cosmica. Pienamente consapevole e disponendo di un campo d'azione illimitato, di un orizzonte senza confini, sta per lanciarsi, come un falco d'oro puro, verso la luce che ribolle nel naos [8].
Questo itinerario solenne e volontario, questa decantazione dell'essere, donano all'adepto la facoltà di fondersi nello spazio chiuso e intenso del naos. Qui il tempo e lo spazio non esistono più e l'adepto è divenuto se stesso.

Fonte:
- Magia e iniziazione dell'Egitto dei Faraoni, René Lachaud

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